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Amare Chiaramonti: memoria del passato, conferma di identità – di Anghelu de sa Nièra

Scritto da angelino tedde

Come potrei riconoscere la mia identità se non avessi la memoria del mio passato? Non solo è scritto sull’estratto dell’atto di nascita e sulla carta d’identità, ma nella memoria dell’infanzia quando i miei compagni mi chiamavano col nome e cognome, più spesso col soprannome.  Per dieci anni il mio nome e spesso il mio cognome lo pronunciavano le donne e gli uomini del vicinato, specie se combinavo qualche marachella.

A volte, più che col cognome, m’indicavano come su fizu de Angelinu Tedde, o semplicemente,  fizu de Serefina Pira, dato che nella zona viveva una cugina di mamma, anziana, chiamata Serefina Soddu.

La mia identità veniva data anche dall’indicazione del rione in cui abitavo, sa Niéra, memoria persa di un’antica ghiacciaia oppure ricordo collettivo della neve che in quel pendio esposto a nord di Codinarasa, sostava più che in altre parti del paese; neve, così familiare tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Quanti candelotti di ghiaccio strappati alle tegole dei tetti bassi e consumati come gelati!

A ricordarti la tua identità poi, sempre nel vicinato, c’erano i compagni Giovannino e  Ico Biddau, Faricu e  Giovannina Tolis, Margherita e Giovanetta Biddau, i fratelli Pisanu e le sorelle  Ruju-Cossiga, per dire soltanto dei ragazzi e delle ragazze. C’erano poi gli adulti: zia Domenica, zia Leonarda, zia Marietta, zia Nannedda, zia Mariantonia. Non sto a citare gli uomini le cui immagini si sono stagliate nella memoria  cadenzate dall’incedere dei cavalli o degli asinelli che cavalcavano oppure a piedi, ricurvi, con la bisaccia ripiena e con gli arnesi da lavoro sulle spalle.

Infine, c’era la strada, via Garibaldi, e le strade e piazze adiacenti dove si andava a giocare rumorosamente: Caminu ‘e Litu, Piatta ‘e Caserma, Codinarasa   su Mulinu ‘e su Entu.

Queste relazioni con le persone più vicine, con i luoghi presso cui sei vissuto, sono quelle che t’imprimono un marchio indelebile che solo la follia e la perdita totale della memoria possono toglierti.

Potrai vivere nelle lontane Americhe o in Australia, in Belgio o in Germania, in Piemonte o in Lombardia, a Varese o a Busto Arsizio, a Pinerolo o a Torino, a Catania o a Napoli, ma la tua identità non si cancella e con essa la memoria delle tue origini, con tutta la ricchezza delle emozioni  che suscitano.

Nemmeno a chi non ti sopporta per invidia o per la diversa idea politica o per la diversa religione può essere concesso di toglierti quest’identità e se lo fa, è consapevole che vuole offenderti profondamente al punto che anche tu sarai spinto a frugare sulla sua identità per vedere se non sia uno che per origine abbia un’identità debole.

Solo chi è senza storia come quei poveri fanciulli brutalmente esposti a cui  l’istituzione pubblica ha poi dato un’identità  beffarda, ricorrendo ai legumi o ai fiori, a personaggi storici o a tutto bene andare a forme augurali composite come Diotisalvi, Cantalamessa, Caccialepri, Scacciacani.

A tutti costoro viene incontro la natura che, nonostante l’infelicità delle  origini e del nome, crescendo si costruiscono una serie di relazioni umane e ambientali che permettono loro di ricostruirsi un’identità che né i luoghi certi di nascita né l’origine famigliare hanno dato.

L’uomo come si vede rifugge dal vuoto e non vuol essere senza tempo, senza storia e senza relazioni.

La vita però li segnerà perché quando andranno a cercare la loro storia, la loro ascendenza, resteranno  delusi per il buio e solo la considerazione che sono figli di Dio e comunque frutto sia pure nascosto di un luogo sconosciuto permette loro di recuperare l’identità accidentalmente persa.

L’intelligenza e le emozioni hanno il pregio di ristabilire sovente gli squilibri più spiacevoli e i fatti più dolorosi.

E, continuando, per chi è chiaramontese come si fa a dimenticare gli odori e i sapori dell’infanzia e dell’adolescenza. L’odore della pasta lavorata per il pane, lo spruzzar della farina per rendere più coesa la pasta, e quell’odore delle focacce crude in attesa che lievitassero e poi il profumo che emanava dal forno preparato per la cottura del pane, e il sapore del pane appena sfornato che si espandeva per tutto il vicinato. Odori e sapori che s’imprimono nel tuo cervello, tra le tue emozioni, con una capacità di conservazione ben più profonda che quella di una poesia o di un racconto.

Si cerca spesso di misurare il QI (quoziente intellettivo) e il QE (il quoziente emozionale), ma al di là di questi pur validi strumenti d’indagine, sappiamo tutti che abbiamo una memoria e un cuore e che il vissuto non si cancella con una cimosa da lavagna. Anche quest’insieme di cose servono a rafforzare la tua identità, anzi tutti i tuoi sensi: la vista, l’udito,l’odorato, il tatto e il gusto. E per tutta la vita ovunque andrai te li porterai come una ricchezza preziosa che solo gli stolti possono  gettare nell’oblìo.

Come potrei dimenticare le visioni di Chiaramonti in festa, le processioni della Vergine dormiente e di Gesù Risorto oppure il suono variegato delle campane a festa, a morto. Il bando di Stocchini, il più amato tra i banditori, perché forse il più malridotto.

Come non ricordare il profumo del pane sfornato e quello dei dolci per Pasqua e per Natale!

Come non ricordare il bacio e la carezza dei miei cari e dei parenti, ma anche degli amici!

Posso forse dimenticare il sapore de sas cadajinas, de sas cotzulas de pistiddu, de sos pabassinos? Oppure il sapore de sas cotzulas de erda, de su pane e’ lardu?

I cinque sensi, dalla vista all’udito, dal gusto al tatto, all’odorato rafforzano grazie alla memoria di cui è dotata la tua identità, quella che nessun farlocco, ch’est a narrer macu, potrà mai toglierti.

Chiaramontesi dei quattro venti e dei cinque continenti siate fieri delle vostre origini, nessun residente di normale intelligenza potrà togliervi ciò che portate dentro come il cuore come la pelle e chi tenta di rendervi chiaramontesi emeriti vi vuol togliere la pelle e se lo fa, sappiate, che per sua sfortuna, proviene dall’ignoto e non può esser davvero chiaramontese doc, come lo siete voi migliaia di emigrati abitanti stabilmente lontano da Chiaramonti.

Ignorare le beghe paesane o cittadine, perché lontani, non vi fa certo chiaramontesi emeriti, ma semplicemente persone che hanno  cose più serie e più giuste a cui pensare.

Ci sono le preoccupazioni per chi nel mondo soffre e lotta per la libertà, per il progresso, per la propria fede e per le proprie idee. Le beghe paesane e cittadine con la malevolenza est arga de muntonarzu!

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  1. Domenico dice,

    Il suo articolo lo trovo molto intelletivo. Devo dire che mi sono anche commosso. Mentre sotto gli occhi scorrevano le sue riflessioni e insegnamenti mi sono ritrovato di colpo a sa niera. Non molto tempo dopo di lei anch’io sono vissuto in quel piccolo borgo. Il mio giocare a caminu e litu e le partite di pallone a cudinarasa, per non parlare delle marachelle in giro per le campagne.Oggi sono una persona di età matura e molto probabilmente per motivi interiori ed anche esteriori ho trascurato tantissime cose che riportassero alla mia identità di nascità.Sono sempre statto orgoglioso delle mie radici ma sopra tutto del mio paese. Dopo la lettura del suo articolo mi rendo conto di aver perso molto nella mia vita a causa del mio allontanamento per motivi di lavoro e di crescita individuale. ll suo scritto mi fa ritrovare le mie radici e l’orgoglio di essere sardo; Spero di tener presente quello che nel suo scritto intendeva. Lo ritengo molto umano e dettato da grande amore versi tutti noi.
    Un cordiale saluto .
    Domenico

  2. Angelino Tedde dice,

    Caro Domenico, sono lieto che le mie parole siano di giovamento a qualcuno
    e particolarmente a quelli che sono costretti a vivere lontano dalle proprie radici. Sono solidale con te e troverò altre occasioni per ricordare quel passato
    che dimora in fondo al nostro cuore e che ci spinge ad amare il nostro paese.
    Un abbraccio a te e ai tuoi cari.

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