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CHIARAMONTI – 2° Edizione “Costhumes e Costhumantzias” – 31 agosto 2013 – Prima parte

Scritto da carlo moretti

Chiaramonti ed il popolo Saharawi 10-11 Agosto 2013

Scritto da carlo moretti

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Chiaramonti: Sagra della ricotta e dell’agnello, sabato 6 luglio 2013.

Scritto da carlo moretti

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Servizio prelievi a Chiaramonti- La Nuova Sardegna del 2 giugno 2013

Scritto da carlo moretti

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Festa dei bisnonni 2013

Scritto da carlo moretti

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Amare Chiaramonti: La processione di Pasqua tra suoni profumi e colori – Pasqua 2009.

Scritto da angelino tedde

Gesù risorge trionfante e bello.

Pieno di splendore.

Si commuove il mio cuore.

Del male che ho fatto

Egli mi perdonò…

Così iniziava la prima poesia che la mia splendida maestra, dagli occhi grandi  e  azzurri, Maria Athene, apprezzò talmente da pubblicarmela su un giornalino scolastico a stampa, nel ’49. Quanto c’era però, in quei versi di  tardo-scolaro di scuola elementare, dei ricordi della Pasqua, delle visioni liete della mia infanzia dolce di ragazzo di strada, a Sa Niera, in Chiaramonti, il mio dolce paese di collina che  mi faceva e tuttora mi fa vibrare il cuore?

Dopo i tre giorni di lutto generale, per la morte di Cristo, il legamento delle campane, la processione de “S’Incontru” al mormorio delle invocazioni,  subissate dal gran fracasso de “sas matraccas”, si diffondeva nelle vie del paese, confondendosi con l’aria frizzante che si respirava, il profumo de sos pabassinos, de sas cadajinas, de sas cotzulas de pistiddu, de sas copullettas. Dai fumaioli delle case usciva  il profumo di mandorle dolci e amare. C’era nel borgo un sommesso chiacchiericcio, uno scambio di aiuto tra le famiglie di contadini e pastori, una profusione di bravura dolciaria tradizionale incontenibile e una generosità del donare e del ricevere.

Molte porte si aprivano per ricevere un dono, altrettante si aprivano per portare un dono. Messaggere silenziose e garbate, le preadolescenti, il cui sguardo sapeva ancora di fanciullezza.

In quest’atmosfera da fiaba, mentre il Cristo scendeva agl’Inferi, per riportare in Cielo gl’immalinconiti Patriarchi, il borgo viveva l’attesa di Pasqua.

La mattina del giorno tanto atteso, nella chiesa di San Matteo, dopo la proclamazione del Gloria, le campane si scioglievano suonando a distesa, con tintinnii e toni diversi, mentre le rondini svolazzavano fra i tetti  e dai prati e dalle colline in fiore, spiravano brezze e colori.

E noi bambini di strada, non rivestiti come i chierichetti, pavoneggiatesi in tonachine rosse e cotte bianche, accanto al Vicario nel massimo splendore liturgico, avevamo un bel da fare nelle case con  adeguati bastoni a picchiar sulle cassapanche, forse a cacciare i diavoli che avevano occupato spazi impraticabili con il Cristo Risorto.

Al termine della Messa di Pasqua le campane riprendevano a suonare a distesa e un’imponente processione attraversava le vie principali del paese. Eccolo allora il Cristo Risorto avanzare nel trionfo della sua vittoria sulla morte, seguito dalla Vergine rivestita da una tunica bianca e ricoperta da un manto azzurro. Tutto il paese si poneva alla sequela delle due statue in processione, anche quegli uomini duri e impacciati che per dodici mesi l’anno se l’erano  spassata con i peggiori diavoli del borgo.

Noi bambini di strada, da punti strategici, nel caso mio e dei miei amici, dal muro di sostegno della casa Grixoni, sbarrando gli occhi, guardavamo finalmente Gesù Risorto e sua Madre tutta felice. Non mormoravamo  preghiere, ma guardavamo la folla che ondeggiava, mentre le campane continuavano a risuonare a festa.

Un segno di croce, fatto alla buona, quando passavano Gesù e Maria e poi richiamati, dalle mamme, ci si apprestava a gustare l’agnello, appena tolto dal forno. Le campane però continuavano a squillare come una benedizione sulle piccole case di piccola e povera gente, felice  di respirare l’aria profumata  di Pasqua.

Settimana Santa, Messa in Cena Domini e “s’Incravamentu” – Pasqua 2009.

Scritto da carlo moretti

“…..«Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva …..”

Con la messa del giovedì Santo inizia il triduo della Passione di Cristo. Tutto inizia in una casa presa in affitto dai discepoli per celebrare la Pasqua ebraica, dove Gesù, sapendo che sarebbe stato tradito e la sua morte era prossima, istituisce l’Eucarestia  e da Maestro si mostra servo agli occhi dei suoi fedelissimi con la lavanda dei piedi.

E’ l’ultima volta che Gesù cena con i discepoli prima della resurrezione, distribuendo il pane dopo averlo spezzato e versando il vino in un calice anche questo sorseggiato da tutti, ci dice, che quelli sono il suo corpo e il suo sangue, segno che non ci avrebbe mai abbandonato e che Lui sarebbe stato pronto a morire ancora per noi.

Dalla casa di Gerusalemme ci spostiamo nel nostro paese, dove per tradizione la Settimana Santa viene preparata dalla Confraternita di Santa Croce e il giovedì prima della celebrazione della nascita dell’Eucarestia  il sacerdote  rievoca  la lavanda dei piedi con i dodici apostoli. Sono momenti suggestivi, profondi che preparano al significato del sacrificio del Figlio dell’Uomo.

La messa termina  col canto del “Tantum Ergo” che accompagna il Santissimo Sacramento in processione all’altare della reposizione preparato con gli ornamenti tradizionali dei “sepolcri”, germi di grano fatti germogliare al buio per conservare il loro colore immacolato. La funzione termina in silenzio.

Nello stesso silenzio si preparano le processioni, una parte dalla Chiesa di San Matteo e porterà la Croce, segno della passione e l’altra parte dalla Chiesa del Rosario con la Madonna Addolorata. Dopo aver compiuto in processione due percorsi diversi avviene l’ultimo incontro tra Gesù (la Croce) e sua Madre, prima della notte che vedrà il Cristo arrestato e condannato a morte.

Alla fine dell’incontro le due processioni tornano nelle rispettive Chiese di partenza.

Nella parrocchia dopo la processione ,viene simboleggiata con una veglia di preghiera, l’attesa dei discepoli al monte degli ulivi nel podere chiamato Getsémani, prima dell’arresto di Gesù. I riti si concludono con la preghiera comunitaria.

La mattina dopo, di buon ora, i discepoli della Confraternita  Santa Croce, accompagnano in processione per tutte le chiese presenti all’interno del paese, la Madonna Addolorata in cerca di Gesù (Sa Chiscas Mudas). In silenzio un manipolo di discepoli e di fedeli guidati dal parroco, segue la Madonna in cerca del Figlio arrestato la sera prima.

Simbolicamente lo ritrova in Parrocchia, dove viene innalzata la Croce per la crocifissione e vi viene collocata la statua del Cristo (s’Incravamentu). La funzione prevede una preparazione metticolosa da parte della Confraternita che ci proietta alla funzione serale, quella culminante, dove Gesù muore sulla Croce e i suoi discepoli Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea provvedono alla sua deposizione.

“….«Padre mio, se è possibile allontana da me questo calice di dolore! Però non si faccia come voglio io, ma come vuoi tu». Poi tornò indietro, verso i suoi discepoli e li trovò addormentati. Allora disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me? Vegliate e pregate per resistere nel momento della prova; perché la volontà e pronta, ma la carne è debole». ……”

Per il servizio fotografico della Messa in Cena Domini e Processione, ringraziamo Giovanni Fenu che generosamente ha collaborato per la stesura della foto-Gallery. (Cliccare qui per accedervi)

Cliccando qui invece, potrete accedere alla foto-Gallery de Sas Chiscas Mudas e s’Incravamentu.

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