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Il testamento del vicario di Chiaramonti (1795-1833) Giovanni Satta. A cura di Angelino Tedde.

Scritto da angelino tedde

Per rendere edotti i miei 5 lettori, compreso quello che mi abbassa la valutazione, cliccando sulla stellina meno generosa, a quanto già detto sugli atti dei primi anni Trenta dell’Ottocento, offro la lettura di due testamenti di notevole interesse perché sono del Vicario Satta (1795-1833) e del vice vicario Cabresu (Falchi).

Per questa puntata presentiamo il testamento del vicario.

Il vicario Giovanni Satta fa testamento nel 1832, l’uomo  è talmente malridotto che non riesce a firmarlo. Egli lo detta di notte alla luce di tre candele.

L’altro elemento importante che risalta è la constatazione di testimoni quasi tutti con grado universitario. Li elenchiamo in ordine alfabetico: Cabresu Baingio, sacerdote, Cossiga Gavino, chirurgo, Falchi Sanna Pietro (Cristoforo), (notaio), Ferralis Domenico, baccelliere in medicina, Multineddu Giovanni, presumibilmente maestro d’arte.

La premessa del testamenti è rituale e fa riferimento alla morte, sempre certa, ma incerto il momento in cui questa avviene. Da ciò la determinazione di fare testamento.

Il secondo pensiero del vicario è rivolto a Nostro Signore Gesù Cristo e alla Sua Santissima Madre, la Vergine Maria, Avvocata dei peccatori davanti al giudizio di Dio.

Si passa quindi all’enunciazione di una grande verità di fede, molto consolatoria al momento della morte: il vicario chiede l’accoglienza dell’anima nella Patria Celeste, non per i pochi  suoi meriti, ma per il Preziosissimo Sangue, sparso durante la Passione e morte da Gesù Cristo, in espiazione dei peccati degli uomini, per sollecitare la Misericordia di Dio-Padre verso l’umanità peccatrice.

Provveduto, quindi, al bene dell’anima, il vicario passa alla scelta della sepoltura ecclesiastica nella chiesa parrocchiale di San Matteo al Monte e alle relative  pompe funebri.

Fatta questa debita e rituale premessa, si passa ai beni della terra e alla loro destinazione, perché questi non si possono portare all’altro mondo.

Si parte senza valige, senza uomini o donne, senza animali da soma o da traino, senza nessuno corredo e senza nemmeno un soldo. Tutto si deve lasciare per cui è necessario stabilire il come, che cosa, e a chi si deve lasciare tutto.

Il notaio ai sensi di legge chiede al vicario se è disposto a lasciare qualche bene o denaro all’Ospedale più vicino, al Monte Numario, al Conservatorio delle Figlie della Provvidenza, in parole più semplici alla banca creata contro gli usurai per il prestito per le sementi o altre necessità, e a quel conservatorio fondato a Cagliari nel 1751 per l’educazione e la formazione delle illegittime.

Il nostro vicario risponde di non lasciare niente, mentre generosissima era stata la maestra pia Anna Dellabella che aveva lasciato al Conservatorio ben 250 scudi vale a dire 1250 lire di allora che costituivano una bella somma.

D’altra parte c’è da considerare che il vicario aveva un fratello e dei nipoti  che certamente erano in stato di necessità dati i tempi che correvano tra carestie, pestilenze, vaiolo, malaria, tracoma, scrofolosi, tigna, tricofizia e altre innumerevoli mali spesso incurabili. L’età media in questi tempi variava tra i 35, 40 anni e i rintocchi delle campane a morto, spesso sospinti dal vento, dal monte alla valle, a Chiaramonti erano frequenti.

Infine si giunge a disporre dei beni.

Il vicario Satta, in primo luogo si preoccupa di lasciare delle rendite alle due serve e al servo che sicuramente avevano ben meritato  al punto che li definisce “debito privilegiato” vale a dire da saldare prima di tutti gli altri debiti. Come ogni lettore potrà constatare lascia a costoro anche dell’altro.

Tra le clausole, quella che colpisce il lettore, è il lascito del denaro occorrente per la dispensa (matrimoniale) tra suo nipote il notaio Satta e Giudica Canu, probabilmente una brava ragazza il cui matrimonio è stato combinato dal vicario con il padre della ragazza dietro cui potrebbe nascondersi ancora l’eterno affarista e possidente Pietro Canu, su questo però non possiamo giurarci senza uno scrupoloso controllo del libro dei matrimoni dell’epoca. Se c’è chi può farlo questo controllo lo faccia. E chi, se non colui che possiede la banca dati dei matrimoni? Per ora teniamoci il mistero di questo matrimonio combinato.

Lascio ai miei lettori il gusto di conoscere nel dettaglio le altre disposizioni del vicario.

Testamento nuncupativo del Molto Reverendo Giovanni Satta Vicario parrocchiale del presente villaggio di Chiaramonti.

ASS Atti notarili di Chiaramonti, Busta 1, Vol. 3 Atto 2 f. 2

L’anno del Signore Mille Ottocento trentadue Alli tredici settembre in Chiaramonti

Sia nel nome del Signore Gesù Cristo, e della Sua Santissima Madre, Maria   Vergine, avvocata dei peccatori, in cui ogni anima di fedele Cristiano confida e  così sia.

Essendo la morte certa, a ognuno che vive, incerto però il suo momento  e, ora, conviene a me, vicario Giovanni Satta, di questo villaggio, trovandomi prostrato  in letto nella mia propria  abitazione,  d’infermità corporale quasi un anno circa, sano però di tutti i miei sensi, con perfetta memoria, libero udito, chiara favella, voglio disporre dell’anima mia, beni miei, nella maniera e forma seguente. Raccomando in primo luogo l’anima mia a Dio acciocché come si degnò redimerla col suo Preziosissimo Sangue, così si compiaccia collocarla nella Patria Celeste, non per i miei meriti, ma bensì per la sua infinita Misericordia.

Eleggo ecclesiastica sepoltura al mio cadavere entro questa parrocchia, e nel luogo solito, lasciando libera volontà a mio fratello Bachisio Satta per tutte le funebri pompe che dallo stesso saranno destinate  a seconda delle mie forze, motivo per cui in questo caso lo deputo mio esecutore.

Interrogato anzi esortato dall’infrascritto notaio se volesse fare qualche lascito allo Spedale viciniore, Monte Numario, e specialmente in danaro al Conservatorio delle Figlie della Provvidenza, risponde non lasciare cosa alcuna  a nessuno di essi del che se ne fa ognuno fede.

Dichiaro e confesso che riguardo alle mie due serve, Paola e Sebastiana, voglio che la prima venga soddisfatta della servitù prestatami in ragione di scudi quattro annui, dei quali ha ricevuto scudi sedici ed il rimanente resto per lo spazio di anni che io non ricordo, consegnandole ancora il letto che ha portato; e la seconda (serva) cioè la detta Sebastiana, sul principio in ragione di scudi tre e mezzo annui, e poi in ragione di scudi quattro per lo spazio d’anni cinque, alla quale non mi sovviene se le abbia consegnato o no qualche cosa a buon conto il che  in tutto.

Raccomando al mio fratello Bachisio, per la liquidazione dei conti e saldamento suddetto come debito privilegiato di servitù personale. Raccomando ancora al suddetto mio fratello che a giudizio di periti, abbia da pagare e soddisfare la servitù personale di Giuseppe Caria. Raccomando parimenti ai miei nipoti e mio suddetto fratello di consegnare a Giuseppe Caria un letto con qualche altra cosa che conosceranno loro appropriata. Lascio pure legati a mio nipote notaio Giovanni Satta qualche somma necessaria per la dispensa, con ciò però di consegnare allo stesso mio nipote ciò che dovea darle per il matrimonio con Giudica Canu, giusto i patti convenuti tra me e detto Canu.

In tutti i miei rimanenti beni presenti e futuri, ed azioni a me in qualunque tempo spettanti, istituisco per miei eredi particolari ed universali il mio fratello Bachisio ed i miei nipoti figli dell’oggi defunto mio fratello Gavino, affinché  in seguito al mio decesso ne dispongano come cosa propria.

Questo è il mio testamento ed unica mia disposizione testamentaria, la quale voglio che valga per tale  e, se tale valer non possa, valga per codicillo, donazione causa mortis, annullando cancellando revocando qualunque disposizione o testamento che nel passato avessi fatto e solo questo voglio che sia messo nella dovuta esecuzione, per essermi stato letto e volgarizzato dalla sua prima fino all’ultima linea in alta ed intellegibile voce, in presenza dei sotto segnati testi di mio ordine chiamati e pregati.  L’approvo ratifico e lo confermo, per contenere la mia unica ed espressa volontà, pregando li stessi notaio e testi che abbiano a sottoscriverlo, non sottoscrivendo tutto che io sappia, per trovarmi con la mano tremante, per causa della grave infermità.

Si dichiara e si certifica dai sottoscritti Notaio e testi che il presente testamento è stato letto e solennizzato alla luce di tre candele accese per essere di notte tempo, di che testi presenti

sono li sottoscritti cogniti

Sacerdote Baingio Cabresu, teste

Pietro Falchi Sanna, teste

Domenico Ferrali, teste

Chirugo Gavino Cossiga, teste

Giovanni Multineddu, teste

Giovanni Maria Satta Pubblico Notaio

Sono lire tre monete sarde dovute all’infrascritto notaio per salario del presente , reali sei per diritto regio e soldi quindici per insinuazione, tabellione e Monte di riscatto di che

Satta Pubblico Notaio

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  1. michela dice,

    Anche se sono pugliese, seguo ogni tanto il Vostro sito, soprattutto per leggere delle appassionanti ricerche storiche dell’esimio Professor Tedde. E’ grazie a storici come lui se nessuno di noi perde il dialogo col comune passato e con i suoi protagonisti che in questi scritti ritornano a vivere e a comunicare.
    A proposito: ho un libro sull’istruzione popolare nell’ottocento di cui è autore di Angelino Tedde ( Maestri e istruzione poplare in Italia tra otto e Novecento). Mi è stato molto utile per la tesi di laurea!
    Se vi capita leggetelo perché è davvero interessante.
    Saluti a tutti!

    Michela

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