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Contos de foghile – Il fanciullo nascosto – Seconda parte – (Grazia Deledda)

Scritto da carlo moretti

Fuori, ad una estremità e all’altra della strada dritta, animata in quell’ora da torme di ragazzi, si vedevano due cime di monti, nera quella a destra sullo sfondo rosso del crepuscolo, azzurra quella a sinistra, sul cielo pallido, con una grande luna d’oro sopra. Ma come nelle altre sere Bainzeddu, con le sue brachine sporche e il corpettino di velluto lacerato, non si staccava dal gruppo degli altri ragazzini per avvicinarsi al nonno e cercare di strappargli il bastone con ambe le manine aspre, facendo forza indietro, coi bei dentini stretti e i grandi occhi azzurrognoli scintillanti sotto la frangia dei capelli selvaggi.

Il nonno però non s’inquietava; pareva sapesse che il ragazzo era già nascosto e aspettasse la fine dell’avventura. In tutto il pomeriggio non aveva aperto più bocca; neppure quando venne la nuora, sul tardi, per prendere il ragazzo, disse una parola.

Il ragazzo non c’era.

La madre, piccola e affaticata come una servetta, si affacciò alla porta per chiamarlo.

- Baì? Bainzé? -

L’asinello, dentro, si fermò ascoltando. Il ragazzo non rispose. La madre tornò nella cucina, andò nel cortile, salì nelle camere di sopra.

- Bainzé? Bainzeddu? -

Nessuno rispondeva.

Fu di nuovo chiamato nella strada, verso il monte nero a destra, verso il monte azzurro a sinistra: ogni volta l’asinello si fermava ascoltando, e nel silenzio della mola la voce della madre risuonava più forte.

Accorsero i ragazzi della strada, poi quelli dell’altra strada ancora; le donne si affacciarono alle porte e ai ballatoi; scesero e s’accostarono al nonno coi bambini lattanti in braccio.

Nessuno aveva veduto Bainzeddu; o, sì, tutti l’avevano veduto, chi la mattina, chi nel pomeriggio, chi pochi momenti prima, chi sopra un cavallo di canna, chi con una trottola in mano. Ma, per il momento, nessuno sapeva dove fosse. Le donne, si sa, cominciarono subito a fantasticare; i ragazzi ascoltavano curiosi, col dito dentro il naso; i bambini lattanti, profittando dello smarrimento generale, facevano il fatto loro tentando di strappare i bottoni della camicia o gli orecchini o anche i capelli delle loro mamme: solo il nonno guardava tranquillo, anzi con una lievissima aria di ironia: guardava e giudicava tutti, anche i lattanti.

Anche la piccola madre d’un tratto s’acchetò. Sapeva cosa pensare. Bainzeddu era già stato nascosto da Paulu, e la cognata era lì, alta e lieve, col bel viso giallo, composta e fredda come una santa di cera, con le mani entro le spaccature del davanti della gonna; era lì per cominciare la commedia. Era una donna brava a fingere, la cognata: non tutti però lo sapevano. Eppure la madre non poté resistere dal dire:

- Sarà venuto da voi, il mio Bainzeddu – e quando la cognata l’assicurò, davanti a tutti, che da tre giorni non vedeva il ragazzo, pensò: – Come sa fingere bene!

Lei non sapeva fingere così bene; era sicura che Bainzeddu stava dallo zio, tuttavia cominciava a sentire un misterioso tumulto in fondo al cuore.

- Babbo, babbo, – disse attaccandosi al vecchio, – l’avete mandato voi per qualche commissione da Paulu? -

Egli alzò sdegnoso e infastidito l’omero per scacciarla come aveva fatto con Antoni Paskale, e movendo appena le labbra le disse una sola parola, ma una sola parola così atroce che la fece arrossire e drizzare sulla schiena.

Nella sua vergogna davanti a tutti ella comprese solo che aveva fatto un’imprudenza bestiale a chiedergli, davanti a tutti, se il ragazzo era stato mandato dallo zio. Nel suo segreto, però, in fondo all’anima, sentì qualche cosa di oscuro, un pentimento che non era solo per l’imprudenza commessa. Certo, il ragazzo era stato mandato dallo zio e là nascosto; ma non bisognava dirlo; bisognava saper fingere, ed ella si sforzò a fingere bene come la cognata, ricominciando a chiamare il ragazzo, avanzandosi di qua e di là per la strada, affacciandosi a tutte le porte e ai muricciuoli degli orti. E pure essendo oramai certa che il figlio era ben nascosto e contento nel famoso nascondiglio, provava angoscia a non ritrovarlo. La coscienza le balzava su, anche a lei, a morsicchiarla a tradimento come un gatto che gioca e poi si stanca di giocare e morde sul serio.
La gente tutta usciva sugli usci: domande fra curiose e ansiose correvano da un capo all’altro delle strade. Le donne chiamavano i loro ragazzi, paurose che anche essi fossero scomparsi. E la piccola madre, seguita dalla grande cognata il cui viso d’ambra s’era un poco sbiadito, afferrava i ragazzi al passaggio e domandava loro:

- Hai veduto il mio Bainzeddu? -

Tutti lo conoscevano e lo avevano veduto: uno disse candidamente che forse era caduto nel pozzo, un altro che forse era giù in fondo al ciglione dietro la chiesa, dov’era il nido della civetta.

- Andiamo a cercarlo -.

Andarono. E lo chiamarono dall’alto del ciglione; poi i più grandicelli e i più svelti scesero. Vi fu un momento di silenzio, durante il quale si udì distintamente giù nella valle l’usignuolo che cantava con tante variazioni che pareva fossero otto usignuoli.

La luna illuminava l’erba di velluto; e il parapetto dello spiazzo della chiesa, sull’alto del ciglione sembrava una montagna, con tutte le teste nere delle donne affacciate sul cielo d’argento. La madre e la cognata si spingevano a guardare dall’interstizio per lo scolo delle acque, in una posizione pericolosa: e aspettavano serie come se davvero i ragazzi dovessero ricondurre su Bainzeddu tenendolo per le braccia.

D’improvviso un uomo arrivò di corsa: si sentiva il suo ansito e qualche cosa battere entro le sue tasche. Si fermò di botto dietro le donne.

- Ebbene? E cos’è stato? Dov’è il ragazzo? -

- È stato che è scomparso e non si trova Antoni Paskà! – disse la madre con rimprovero, pure guardando l’uomo in attesa ch’egli ammiccasse per rassicurarla.

Egli non ammiccò ed ella, d’un tratto, si mise a urlare chiamando il figliuolo.

- Me l’hanno portato via – gridava. – Me l’hanno nascosto i nemici. Che le loro viscere siano arse come stoppie!… -

- Se qualcuno ha toccato il ragazzo guai all’ultimo dei suoi capelli – minacciò Antoni Paskale, levandosi la berretta e sbattendola contro il parapetto. – Donne, ritiratevi, ci penserò io.

- Come sa fingere bene! – pensava la madre, e per fingere bene anche lei, imprecò più forte.

La gente, intanto, accorreva da tutte le parti e un nugolo di ragazzi si versò sul ciglione, giocando e ridendo e chiamando Bainzeddu.

- Ti sei nascosto sotto una pietra? -

- Ti ha mangiato la lucertola? -

Ma le madri li chiamarono, colte a poco a poco da una vera angoscia, e quelle che riuscivano ad afferrare per mano i loro ragazzi li riconducevano a casa come se un pericolo li minacciasse. Una donna osò finalmente pronunziare un nome.

- Juanne Bellu, squartato sia… -

Seguì un altro momento di silenzio generale; e di nuovo si sentì il canto dell’usignuolo.

Antoni Paskale spinse le zie per le spalle, verso casa, imponendo loro di tacere. E tutti, donne e ragazzi, seguivano, per la strada erbosa, neri alla luna come un gregge di ritorno dal pascolo.

A notte alta la madre e due vecchie parenti stavano nel cortile della casa, col portone socchiuso, aspettando. Il nonno s’era accovacciato sulla stuoia, in cucina, all’ombra del forno grande simile ad un nuraghe; e non si moveva, ma di tanto in tanto mugolava lievemente, come un mastino che prevedesse un assalto di nemici alla casa.

Il ragazzo non era ricomparso; e a poco a poco una strana follia aveva preso la madre. Ella credeva sempre che il cognato Paulu avesse nascosto Bainzeddu, come s’era d’intesa, ma che tutti fingessero, intorno a lei, per costringerla a rappresentare meglio la sua parte di madre disperata. E nello stesso tempo sentiva d’ingannarsi e il dubbio, anzi a momenti la certezza, che il ragazzo fosse scomparso davvero le toglieva la ragione. Allora un senso di vertigine la investiva; ma nel turbinìo dei pensieri uno gliene rimaneva fermo come un pernio intorno al quale si aggiravano tutti gli altri: che Dio la castigasse con quel terrore della sua malvagità di aver acconsentito all’intrigo infernale dei parenti.

Il peggio è che le donne rimaste con lei non sapevano nulla di questo intrigo ed erano convinte che Juanne Bellu avesse nascosto il ragazzo: e una proponeva alla madre di andare subito dalle autorità a denunziare il colpevole, e l’altra invece di supplicarlo a restituirle subito il figliuolo.

Ella già si rifugiava un poco in quest’ultima idea quando arrivò Antoni Paskale. Non correva, adesso, Antoni Paskale, ma il rumore dei suoi passi aveva qualche cosa di minaccioso. Si sentivano i chiodi dei suoi scarponi battere sul selciato; spinse con violenza il portone, e il suo viso, alla luna chiara come un sole d’argento, apparve bianco di dolore e d’ira repressa. La madre lo guardò e sentì freddo al cuore: sentì che il ragazzo era scomparso davvero. Da quel momento fu vinta da un delirio d’angoscia. Uscì nella strada e guardò qua e là, poi si mise a correre: Antoni Paskale la rincorse, l’acchiappò come una farfalla, con due dita sole, la riportò nel cortile, chiuse il portone, la spinse in cucina e chiuse la porta. Ma non si poteva parlare bene perché le parenti erano di fuori e ascoltavano.

- Nonno, – disse il giovane, – datemi la chiave di cantina: devo parlare con questa pazza: e venite anche voi, se volete -.

Il vecchio, insolitamente, non fece resistenza; appoggiò la mano aperta alla stuoia e si alzò, nero, pesante, seguendo il nipote che aveva preso di sopra il forno il lumicino d’ottone; e scesi i sette scalini aprì.

Apparve la cantina, nera e fredda come una miniera: si sentiva il rosicchiare dei topi. La madre si appoggiò al gancio della porta, non potendo più andare avanti, ma cominciò a gridare inviperita:

- Se non mi dite subito la verità vado dalla Giustizia e dico tutto, e faccio buttare giù la casa di Paulu, che sia maledetta fino all’ultima pietra. Ditemi subito che il ragazzo è là: dimmelo subito, Antoni Paskà; ti dico di dirmelo! -

I suoi occhi fosforescenti sembravano davvero quelli d’una pazza, tanto che il giovane, spaventato, ebbe per un attimo l’idea di dirle che il ragazzo era nel nascondiglio di zio Paulu; poi scosse vigorosamente la testa e affermò la verità.

- È inutile fare scandali, donna! Il ragazzo non si trova in nessun posto. -

Ella cadde lunga distesa, col viso a terra, rigida come una spada; ma non era svenuta: piangeva e domandava perdono a Dio.

- Signore, Signore! Voi mi castigate bene. È giusto, è giusto… E voi, babbo, uccidetemi… passatemi sulla schiena col vostro calcagno… -

Il vecchio guardava, nell’ombra, grande, con la sua barba lunga, terribile eppure umano come il Dio vendicatore dell’Antico Testamento. E Antoni Paskale non si vergognava di tremare, con un senso di freddo nelle ossa, ancora in sudore per le lunghe corse inutili fatte in ogni angolo del paese, e le ricerche nei pozzi e nei dintorni. Anche lui imprecava a bassa voce contro zio Paulu; e l’idea che i Bellu, saputo dell’intrigo, avessero fatto a tempo a nascondere davvero il ragazzo, per burlarsi più che per vendicarsi degli avversarî, gli dava un tremito d’umiliazione rabbiosa.

- Alzati, – ordinò alla donna, toccandole i piedi col piede, – non fare pazzie. Il ragazzo, certo, non è poi morto e lo si troverà. Bisogna piuttosto nascondere te, adesso. Alzati, perdio! -

Telène si alzò a sedere, ma rimase accoccolata sul pavimento, con le spalle gonfiate da un continuo singultare infantile.

Il nonno intanto aveva cambiato posto al lume, deponendolo sopra il coperchio d’un orcio; e accanto il tino alto con le ombre delle stanghe del pigiatoio sembrava un molino a vento. D’un tratto egli batté tre volte col bastone, sul tino; e dentro i colpi echeggiarono come in una casa vuota. Allora quei due, la donna e il nipote, credettero di sognare. Il visetto diabolico di Bainzeddu si affacciava nel vuoto fra l’orlo del tino e l’arco del pigiatoio: e rideva, nell’ombra, come la luna nella notte. La madre lo guardava di giù, a bocca aperta, abbagliata: Antoni Paskale si curvò di qua e di là per cercare qualche cosa da buttargli contro: non trovando altro gli scagliò la berretta che rimase attaccata all’anta del pigiatoio.

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